Il valore della casa non cambia se è acquistata e venduta in giornata

Il contratto preliminare non produce effetti traslativi, di conseguenza il quantum pattuito in quella sede non è valido ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro

La Corte di cassazione ha stabilito che per la definizione della base imponibile dell'imposta di registro in caso di cessione di immobile, ex articolo 43 Dpr n. 131/1986, conta solo il valore del bene alla data del rogito. È irrilevante, pertanto, il prezzo pattuito nel preliminare, un accordo privo di effetti reali che, nel caso in esame, è stato pure concluso molti anni prima dell’atto definitivo. Quanto ai criteri che consentono all'Agenzia delle entrate di esercitare i poteri di accertamento di maggior valore (articolo 51 Dpr n. 131/1986), il Collegio ritiene corretto il procedimento dell'ufficio, basato sul confronto tra il valore dichiarato nell’atto e quello di alienazione a terzi, avvenuta lo stesso giorno. Questi i principi contenuti nella sentenza n. 27128, depositata il 27 novembre 2020.

Fatto e processo di merito
Con rogito notarile, alcuni soggetti avevano venduto un compendio immobiliare, asseritamente fatiscente, privo di impianti e di completa copertura. In relazione a tale compendio, l'Amministrazione finanziaria aveva accertato un valore venale effettivo pari a circa il doppio di quello dichiarato in atto, così come risultante dall'atto pubblico con il quale, in pari data, lo stesso compendio immobiliare era stato ulteriormente trasferito a terzi.
Sia il giudice di primo che di secondo grado confermavano la legittimità dell'avviso di rettifica e liquidazione, in recupero di maggiore imposta di registro e ipo-catastale, con sanzioni, notificato da un ufficio dell'Agenzia delle entrate.
La Ctr, nel confermare l'attività accertativa, aveva rilevato che i contribuenti avevano allegato un contratto preliminare di compravendita datato, in cui era attestato lo stesso prezzo di trasferimento poi indicato nell'atto definitivo, ma tale contratto preliminare non era registrato, era privo di data certa e non era stato neppure menzionato nell'atto di vendita oggetto di rettifica.

Ricorso per Cassazione
I contribuenti, nel proporre il ricorso, eccepivano una serie di motivi di diritto, di cui solo alcuni di essi interessano da vicino la nostra trattazione.
Anzitutto, i privati contestavano l'errore della Ctr, che aveva ritenuto di desumere il valore venale degli immobili in questione sulla base dell'atto con il quale questi ultimi erano stati, lo stesso giorno del rogito rettificato, alienati a terzi, nonostante non vi fossero i presupposti della comparazione.
A parere dei contribuenti, infatti, l'atto rettificato riproduceva un contratto preliminare relativo alla sola componente immobiliare (costituita da ruderi), mentre l'atto assunto a comparazione aveva ad oggetto tale componente immobiliare con l'aggiunta del progetto edificatorio e di ristrutturazione nonché della relativa concessione edilizia (elementi sopravvenuti negli anni).
Inoltre, i ricorrenti si dolevano dell'omesso esame, da parte dei giudici regionali, del fatto decisivo costituito dal valore di mercato del compendio immobiliare, di per sé non desumibile dal successivo trasferimento in pari data, in quanto atto unico e relativo a un oggetto immobiliare diverso.


Risposta della Cassazione
Secondo il Supremo collegio, il ricorso dei contribuenti è infondato.
Infatti, premette la Corte, il dato normativo di fondo va individuato nell'articolo 43, comma 1, lettera a) Dpr 131/1986, secondo il quale: “la base imponibile, salvo quanto disposto negli articoli seguenti, è costituita: a) per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali del valore del bene o del diritto alla data dell'atto ovvero, per gli atti sottoposti a condizione sospensiva, ad approvazione o ad omologazione, alla data in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi”.
Correttamente, pertanto, l'imposta di registro e ipocatastale è stata determinata sulla base del valore che l'immobile aveva al momento, non già del contratto preliminare, ma di quello definitivo.

Valore al preliminare e valore al definitivo
Secondo la Cassazione è con il contratto definitivo, e soltanto con questo, che si producono gli effetti traslativi reali espressivi del trasferimento di ricchezza oggetto della tassazione di registro: al contrario, il contratto preliminare non può sortire che effetti meramente obbligatori.
La Cassazione, infatti, in un caso analogo, ha avuto occasione di enunciare il seguente principio di diritto: “in tema di imposta di registro il Testo unico del registro, all'articolo 43, comma 1 lettera a) prevede che, nel caso di contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, il valore del bene deve essere calcolato alla data dell'atto traslativo, sicché nel caso di contratto preliminare di compravendita il valore del bene deve essere calcolato con riferimento al valore venale in comune commercio dell'immobile al momento della stipula del contratto definitivo (cfr Cassazione n. 6173/2017).
Detto principio, inferisce la Corte, vale, dunque, ad escludere qualsivoglia rilevanza agli accordi sul prezzo contenuti nel contratto preliminare, dal momento che la base imponibile dell'imposta deve appunto fare riferimento ex lege al dato obiettivo del valore venale del bene al momento del trasferimento, indipendentemente dal prezzo pattuito dalle parti nel preliminare, e dalla sua vincolatività obbligatoria (tra le parti soltanto) nella determinazione del contenuto contrattuale definitivo.

Calcolo del valore del bene
Quanto alla concreta determinazione del valore attribuibile al compendio immobiliare al momento dell'atto definitivo, continua la Cassazione, sono gli stessi contribuenti a riconoscere che - in tale momento - il compendio stesso non veniva alienato in quanto tale (ossia come rudere), bensì in quanto nel frattempo dotato di un progetto di ristrutturazione debitamente licenziato; dunque, con l'incremento di valore ad esso così riconducibile.
Da qui, la correttezza del deliberato del Collegio regionale, che aveva fatto riferimento estimativo al rogito notarile, registrato in pari data dell'atto rettificato, con il quale l'acquirente ritrasferiva a terzi lo stesso compendio immobiliare.
Un'applicazione, per il caso di specie, doverosa del principio di non contraddizione!

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