36-bis: avviso bonario superfluo,

se il risultato non desta dubbi

Inutile la comunicazione preventiva e il contradditorio quando, dalla procedura automatizzata, scaturisce una violazione incontrovertibile, come l’omesso versamento dell’imposta
36-bis: avviso bonario superfluo,|se il risultato non desta dubbi
In caso di liquidazione delle imposte in esito al controllo delle dichiarazioni secondo procedure automatizzate (articoli 36-bis del Dpr 600/1973, per le imposte dirette, e 54-bis del Dpr 633/1972, in materia di Iva), l’ufficio finanziario ha l’obbligo di instaurare il contraddittorio con il contribuente, prima dell’iscrizione a ruolo, soltanto qualora emergano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, mentre tale obbligo viene meno in caso di mera tardività del versamento delle imposte dovute, con la conseguente esclusione dei presupposti per ottenere la riduzione a un terzo delle sanzioni amministrative.
Questo il principio di diritto ribadito nella sentenza 12023 del 10 giugno 2015, con la quale la Corte di cassazione ha dato continuità a un filone giurisprudenziale ampiamente consolidato (sentenze 8154/2015, 8342/2012 e 26316/2010).

La questione origina dal ricorso in Cassazione, proposto dall’Amministrazione finanziaria, avverso una sentenza di appello, che aveva annullato la cartella di pagamento emessa nei confronti di uno studio professionale, relativa a sanzioni e interessi per tardivo versamento dell’Iva dovuta per l’anno di imposta 2002, in quanto non preceduta dalla comunicazione di irregolarità (“avviso bonario”) prevista dal comma 3 dei citati articoli 36-bis e 54-bis.

Con il motivo di impugnazione – improntato alla violazione degli articoli 36-bis, comma 3, del Dpr 600 /1973 e 6, comma 5, della legge 212/2000 – la ricorrente si duole del fatto che il giudice di appello abbia condizionato l’esito del controllo automatizzato sulla dichiarazione a una previa comunicazione al contribuente, attribuendo a tale comunicazione il carattere sostanziale di condizione di procedibilità nonostante si fosse trattato di mera omissione di versamento di quanto autoliquidato in dichiarazione.

Per i giudici di legittimità, la motivazione appare manifestamente fondata, alla luce della pregressa e costante giurisprudenza, secondo cui l’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dagli articoli 36-bis e 54-bis non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che il controllo stesso non riveli l’esistenza di errori, essendovi, solo in tale ipotesi di irregolarità riscontrata nella dichiarazione, l’obbligo di comunicazione per la liquidazione di imposta (Cassazione, sentenza 3153/2015).
Pertanto, nel caso di specie, trattandosi di imposte derivanti da liquidazione in esito a controllo di dichiarazioni secondo procedure automatizzate, l’avviso bonario non era richiesto.

Né vale a giungere a una diversa conclusione, chiosa la Corte, la circostanza che il contribuente non possa avvalersi del beneficio previsto dall’articolo 2, comma 2, del Dlgs 462/1997 (che consente, una volta ricevuta la comunicazione di irregolarità, il pagamento del tributo entro trenta giorni dal ricevimento della stessa, con riduzione a un terzo della sanzione comminata), trattandosi di una agevolazione che si riferisce all’ipotesi, non ricorrente nella fattispecie, in cui, pur sussistendo i presupposti per la comunicazione di irregolarità, la stessa non sia stata inviata al contribuente, al fine di consentirgli di fruire della riduzione (Cassazione, sentenza 3366/2013).

Osservazioni
Le condivisibili argomentazioni fornite dalla Cassazione nella sentenza in commento sono state recentemente confermate nell’ordinanza 11394 del 3 giugno scorso, in cui la stessa Corte, nell’occuparsi della motivazione della cartella di pagamento, ha ribadito, per un verso, che la stessa non è necessaria allorquando la pretesa impositiva scaturisca direttamente dalla liquidazione della dichiarazione fiscale presentata dal contribuente e, per un altro, che la stessa non deve essere preceduta dall’avviso bonario.

Come anticipato, gli avvisi bonari sono disciplinati dal comma 3 dell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973, in tema di liquidazione dell’imposta e controllo formale delle dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi, dal simmetrico comma 3 dell’articolo 54-bis del Dpr 633/1972, per la liquidazione dell’imposta risultante dalla dichiarazione Iva, nonché dal comma 5 dell’articolo 6 della legge 212/2000 (“Statuto dei diritti del contribuente”).

Quanto alla natura giuridica, gli avvisi bonari sono atti endoprocedimentali – emessi dall’Amministrazione finanziaria – che precedono l’iscrizione a ruolo delle somme e non hanno efficacia autonoma, nel senso che non sono passibili di consolidare, in via definitiva, la pretesa erariale (Cassazione sezioni unite, sentenza 16428/2007).
Tant’è che l’inerzia del contribuente comporta la sola attivazione della procedura di riscossione del tributo mediante iscrizione a ruolo delle somme dovute e successiva notifica della cartella di pagamento.
La ratio di tali avvisi, infatti, è quella di evitare la reiterazione degli errori, consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, nonché scongiurare il rischio di iscrizioni a ruolo indebite laddove il contribuente fornisca i chiarimenti necessari, ovvero quei dati ed elementi non valutati dall’ufficio.
Marco Denaro

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