DIMISSIONI ON LINE & NASPI

L'A.N.S.A.P. come Organizzazione sindacale, consente alle sedi convenzionate di fornire servizi per le dimissioni on line.

Come è noto, a partire dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dovranno essere effettuate in modalità esclusivamente telematiche, tramite una semplice procedura online accessibile dal sito Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Il Decreto Ministeriale del 15 dicembre 2015, in base alla previsione contenuta nel Decreto Legislativo n.151/2015, definisce le suddette modalità e individua il modulo delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, la loro revoca, gli standard, le regole tecniche per la compilazione del modulo e per la sua trasmissione al datore di lavoro e all'Ispettorato Territoriale del Lavoro (ex Direzione territoriale del lavoro) competente.

Restano fuori, dal campo di applicazione della norma, il lavoro domestico, i casi di risoluzione a seguito di conciliazione stragiudiziale, le ipotesi di convalida presso l'ITL previste dall’art.55 comma 4 del D.lgs. 151/2001 relative ai genitori lavoratori. Il Decreto Legislativo n.185 del 24 settembre 2016 ha confermato l’esclusione della procedura online per i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
Si potrà così accedere al form online per la trasmissione della comunicazione. Verranno chiesti alcuni dati identificativi; per i rapporti di lavoro instaurati a partire dal 2008 si recupereranno automaticamente i dati relativi alla comunicazione obbligatoria di avvio/proroga/trasformazione o rettifica più recente.

Mentre, per i rapporti instaurati prima del 2008, si dovranno indicare alcuni dati del datore, in particolare il codice fiscale, il comune della sede di lavoro e l’indirizzo email o PEC. Si passerà poi a selezionare la tipologia di comunicazione (dimissioni volontarie, risoluzione consensuale o revoca) con la data di trasmissione (marca temporale).

NEL DETTAGLIO

Dimissioni volontarie online in vigore dal 12 MARZO 2016: istruzioni per la compilazione

Per quanto riguarda l’indicazione della data di decorrenza, anch’essa richiesta dalla procedura, dovrà essere dichiarata la prima a partire dalla quale il rapporto di lavoro si considera estinto. In altre parole il giorno da comunicare è il primo successivo all’ultimo di lavoro.

Dimissioni online, revoca entro 7 giorni

Dal momento della compilazione e dell’invio del modulo di dimissioni telematiche, il lavoratore avrà a disposizione 7 giorni di tempo per revocare le proprie dimissioni. Per ogni modulo salvato sul sito Cliclavoro saranno fornite due informazioni identificative, ovvero la data di trasmissione (Marca temporale) e un codice identificativo; queste informazioni dovranno essere indicate in caso di revoca delle dimissioni. La revoca sarà inviata al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro. Si possono revocare le dimissioni anche oltre i 7 giorni dalla trasmissione telematica della domanda previo accordo tra le parti e senza la necessità di effettuare alcuna comunicazione.

Dimissioni online, eccezioni

Le dimissioni online sono obbligatorie per tutte le categorie di lavoratori dipendenti, eccetto che per alcune categorie

Le eccezioni alla modalità telematica riguardano:

•    lavoro domestico;

•    risoluzioni rese in “sedi protette” (art.2113 codice civile c. 4) a seguito di

•    conciliazione stragiudiziale (commissioni di certificazione, Direzione

•     territoriale del lavoro, organismi sindacali e sedi individuate dalla contrattazione collettiva);

•     ipotesi di apposita convalida presso le DTL relative a lavoratrice nel periodo di gravidanza o lavoratrice/lavoratore durante i primi 3 anni di vita del bambino;

•    lavoratori in periodo di prova;

•    lavoratori marittimi;

•    lavoratori delle pubbliche amministrazioni;

•    lavoratori non dipendenti (esempio co.co.co, tirocini).

COSA SAPERE SUL PREAVVISO

Una precisazione va fatta in merito alla possibilità di preavviso. Le dimissioni volontarie dal contratto lavorativo sono contemplate dai contratti che prevedono un preavviso nella comunicazione delle stesse. La nuova procedura online non influisce sul periodo di preavviso da parte del lavoratore.

Riguardo a questo obbligo, infatti, e a quanto previsto dalla disciplina del rapporto di lavoro e della sua risoluzione, valgono le disposizioni di legge o contrattuali in materia. Quindi il lavoratore che deve rispettare un periodo di preavviso per dimettersi deve attenersi a queste ultime.

In questo caso la data di decorrenza delle dimissioni è quella a partire dalla quale, decorso il periodo di preavviso, il rapporto di lavoro cessa. Quindi sul modulo quale data va indicata? Quella del giorno successivo all’ultimo giorno di lavoro.

GIUSTA CAUSA

Fra i motivi validi (onere della prova a carico del lavoratore):

•    mancato pagamento retribuzione;

•    molestie nei luoghi di lavoro;

•    demansionamento;

•    mobbing;

•    peggioramento condizioni di lavoro dopo cessione azienda;

•    trasferimento di sede senza “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”;

•    comportamento ingiurioso

 

Naspi e dimissioni, vediamo quando è possibile

Fra i requisiti della Naspi vi è lo stato di disoccupazione involontario, ma si può avere anche per dimissioni o risoluzione consensuale.

Per poter accedere alla disoccupazione Naspi il lavoratore deve avere i seguenti requisiti:

•    stato di disoccupazione involontario;

•    requisito contributivo;

•    requisito lavorativo.

Per quanto riguarda gli ultimi due in breve, per poter accedere alla nuova disoccupazione Naspi il lavoratore deve poter far valere almeno 13 settimane di contribuzione contro la disoccupazione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione (requisito contributivo) e almeno trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione (requisito lavorativo).

Stato di disoccupazione involontario

L’oggetto di questa guida è la possibilità di accedere alla Naspi in caso di dimissioni o risoluzione consensuale, la normativa prevede infatti dei casi specifici perchè ciò sia possibile. Per poter accedere alla Naspi infatti uno dei 3 requisiti fondamentali, come elencato sopra è Stato di disoccupazione involontario.

In attesa dell’istituzione del portale nazionale delle politiche del lavoro (D. Lgs. n. 150 del 2015), si considera disoccupato il lavoratore privo di impiego, che abbia dichiarato al Centro per l’Impiego la propria immediata disponibilità (D.i.d.) allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro.

L’indennità Naspi non spetta al lavoratore nel caso in cui il rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o risoluzione consensuale, tranne che nei casi di seguito specificati.

Naspi e dimissioni

Il lavoratore o la lavoratrice hanno diritto all’indennità Naspi anche a seguito di dimissioni rese durante il periodo tutelato di maternità, ex D. Lgs 151/2001 art. 55. Per poter accedere alla Naspi le dimissioni devono essere date nel periodo che va dai 300 giorni prima della data presunta del parto fino al compimento del primo anno di vita del figlio.

Il lavoratore ha inoltre diritto alla Naspi in caso di dimissioni per giusta causa. L’INPS con la Circolare 94/2015 fa un breve elenco a titolo esemplificativo dei casi in cui il lavoratore può rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa.

Per le dimissioni per giusta causa l’Inps così come da Circolare n. 97/2003 l’INPS sì è conformato all’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza 269/2002. Con questa pronuncia la Corte Costituzionale ha affermato che sussistono i requisiti per dare le dimissioni “per giusta causa”qualora le dimissioni non siano riconducibili alla libera scelta del lavoratore, ma siano indotte da comportamenti altrui, idonei ad integrare la condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro.

Quindi la NASpI deve essere riconosciuta nei casi di dimissioni intervenute per giusta causa, ovvero quando si sia verificata una causa che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro, che “costringe” il lavoratore a dimettersi.

La giurisprudenza nel corso degli anni ha riconosciuto le dimissioni per giusta causa per i seguenti casi:

•    mancato pagamento della retribuzione;

•    aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;

•    modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;

•     mobbing, intendendosi per tale la lesione dell’equilibrio psico-fisico del lavoratore, a causa di comportamenti vessatori da parte dei superiori gerarchici o dei colleghi (per tutte, Corte di Cassazione, sentenza n. 143/2000);

•    notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione dell’azienda (Corte di

Giustizia Europea, sentenza del 24 gennaio 2002);

•    spostamento del lavoratore da una sede aziendale ad un’altra, senza che sussistano le

“comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” (Corte di Cassazione, sentenza n.

1074/1999).

•     comportamento  ingiurioso  posto  in  essere  dal  superiore  gerarchico  nei  confronti  del dipendente (Corte di Cassazione, sentenza n. 5977/1985).

Contestualmente alla domanda di Naspi il lavoratore deve allegare una autocertificazione a norma di legge in cui dichiara la sua volontà di “difendersi in giudizio” nei confronti di un comportamento illecito del datore di lavoro, nonché altri documenti come ad esempio:

•    le diffide a pagare inviate al datore di lavoro;

•    gli esposti;

•    le denunce;

•    le citazioni;

•    i ricorsi d’urgenza ex art. 700 c.p.c.;

•    le sentenze;

•    ogni altro documento idoneo.

Deve inoltre impegnarsi a comunicare l’esito della controversia giudiziale o extragiudiziale. Qualora le dimissioni siano determinate da mancato pagamento della retribuzione, il lavoratore non dovrà più allegare alcuna dichiarazione da cui risulti la volontà di “difendersi in giudizio”.

Attenzione, se l’esito della controversia non riconosce la giusta causa di dimissioni, l’Inps recupererà la Naspi eventualmente corrisposta, così come già avviene nel caso in cui il lavoratore, a seguito di licenziamento giudicato illegittimo, viene reintegrato nel posto di lavoro.

Naspi e risoluzione consensuale

Così come per le dimissioni anche a seguito di risoluzione consensuale il lavoratore non ha diritto alla Naspi, tranne che in alcuni casi previsti dalla legge.

La risoluzione consensuale infatti non impedisce il riconoscimento della prestazione:

•    per la risoluzione consensuale nell’ambito della procedura conciliativa presso la Direzione Territoriale del Lavoro L. n. 604 del 1966, come sostituito dalla Legge 28 giugno 2012 n.92;

•     nell’ipotesi di licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui D. Lgs n. 23 del 2015, proposta dal datore di lavoro entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (ex art. 6 della legge n.604 del 1966);

•     qualora la risoluzione consensuale intervenga a seguito del rifiuto del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici.

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